anche io lavoro all’Ilva di Taranto

Nutro sentimenti contrastanti.

Non so se capita anche a voi ma sento che i confini della mia regione mi riparano da una situazione lontana, mi concedono l’alibi per non occuparmene e non preoccuparmene. Di far finta di nulla di fronte a un disastro sociale, culturale, ambientale ed economico; di fronte all’incapacità gestionale, alle solite mazzette date per nascondere un controllo; di fronte alla tragedia che coinvolge migliaia di persone; a una politica in prima linea solo quando la prima linea si trova sotto i riflettori.

Da quando un confine territoriale è diventato anche il confine della mia coscienza?

Lo sforzo che devo fare è quello di scoprire che, in fondo, anche io lavoro all’Ilva di Taranto.

E anche io, come tutti gli altri operai, ho subito e subirò gli effetti di ogni scelta fatta, direttamente o indirettamente. La mancanza di rispetto per il lavoro, per l’ambiente, per il futuro, per le persone.

E avrò perso, comunque, sia che la fabbrica venga chiusa sia che rimanga aperta.

Mi consola il fatto che, pur perdendo, non sarò mai un perdente. Non salirò sui confini come fossero un podio dal quale godermi un’effimera vittoria, non calpesterò la mia coscienza.

Anche io lavoro all’Ilva di Taranto e ora non mi sento più solo.

2 commenti

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2 risposte a “anche io lavoro all’Ilva di Taranto

  1. Cesare

    Roberto, mi è capitato (un caso, perchè normalmente leggo cose ben diverse) appena qualche giorno fa di rileggere l’apologia di Socrate di Platone. Il tuo pensiero sull’Ilva, ed in generale su tutto ciò che abbiamo a pensare e scoprire, mi ha riportato a questa frase attribuita a Socrate, poco dopo la condanna a morte: “una vita senza indagine non è degna di essere vissuta”.
    E il pensare, l’essere con chi soffre, il parlarne, ci restituisce la dignità di chi vuole vivere una vita vera.

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