Bambino speciale a chi?

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Illustrazione – Rebecca Dautremer

Tra le tante espressioni che si utilizzano per definire i bambini considerati diversi, quella che ho più difficoltà a sopportare è: bambino speciale!

Mi aspetto sempre che in risposta a: “Ma che bambino speciale che sei!”, il bambino dica: “Bambino speciale a chi?”.

Perché?

Perché se esistono bambini speciali, esistono anche bambini che non lo sono. Normali, qualsiasi, banali, comuni oppure cattivi, sbagliati, inutili.

Perché chiamare speciale qualcosa che, in fondo in fondo, consideriamo non normale, non fa un buon servizio a una reale integrazione.

Perché un bambino è speciale non per ciò che fa o per il suo stato psicofisico. Lo è e basta.

Perché a chi piacerebbe sentirsi definire speciale nel senso di “Poverino, è così bello, buono, dolce… ma… povero… sai, è bravo… però…”.

Perché cosa ce ne facciamo di quelli che non sono speciali? Che, cioè, sono diversi ma rompono? Dei bulletti, di quelli con bassa autostima, dei ciccioni, dei violenti, degli immigrati che non parlano bene, dei pigri, degli svogliati, dei lenti. Non speciali e quindi generici.

Perché Marco è Marco e Luigi è Luigi, Sara è Sara e Agata è Agata: ognuno unico a modo proprio.

Perché la specialità non sta nei bambini, in come sono, come si comportano, quanto apprendono. La specialità è nei nostri occhi e nella capacità di scorgere la meraviglia, capaci di lasciarci sorprendere da quello che non riusciamo a scorgere a prima vista.

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Illustrazione – Chiara Carrer

Per continuare la lista dei perchè, ecco qualche libro in cui si parla di bambini speciali… cioè di bambini e basta 🙂

Autobiografia di una zucchina – Gilles Paris

Storia di Zucchina e dei suoi amici, tutti nati dalla parte sbagliata della vita.

Una bambina – Torey L. Hayden

Un po’ adolescenziale ma il titolo è perfetto.

Demian – Hermann Hesse

Un giovane combattuto tra il bene e il male.

Nasredin – Odile Weulerssem, Rebecca Dautremer

… non bisogna temere il giudizio degli altri.

Qualcuno con cui correre – David Grossman

E quando vide la pagina in cui aveva scritto cento volte, come per castigo, la parola “anomala”, gli venne voglia di cancellarla con una grande X e scriversi sopra “rara”.

Ero cattivo – Antonio Ferrara

Perché dire quando invece che se fa la differenza.

Nel mare ci sono i coccodrilli – Fabio Geda

… per trovare, dopo cinque anni spesi in strada tra lavori improbabili, speranze impreviste e momenti drammatici, una casa e una famiglia in Italia.

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Illustrazione – Chiara Carrer

Criança especial quem?

Entre as varias expressões que utilizamos para definir as crianças consideradas diferentes, a pior, para mim, é: criança especial!
Eu sempre espero que, em resposta a: “Que criança especial você é!”, a criança diga: “Criança especial quem?”

Por que?

Porque se há crianças especiais, também há crianças que não são. Normais, qualquer, banais, comuns ou ruins, erradas, inúteis.

Porque chamar especial algo que, no fundo, nós consideramos não-normal, não contribui para a uma integração real.
Porque uma criança é especial não pelo que ela faz ou pela sua condição física ou mental. É especial, ponto.

Porque quem gostaria de se sentir especial, no sentido de “Coitada , é tão bonito, gentil, doce… pobrezinho mas… você sabe, ele é bom… porém… ” .

Por que o que fazemos com aqueles que não são especiais? Ou seja, que são diferentes, mas incomodam? Dos valentões, àqueles com baixa auto-estima, os gordinhos, os violentos, os imigrantes que não falam bem, os preguiçosos, os lentos. Não especiais então desnecessários.

Porque José è  José, Luis è Luis, Andréia é Andréia e Ana è Ana: cada um único à sua própria maneira.

Porque a especialidade não está nas crianças, em como elas são, como se comportam, como aprendem. A especialidade está em nossos olhos e na nossa capacidade de ver a maravilha, na capacidade de deixar-nos surpreender daquilo que não conseguimos ver com o primeiro olhar.

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1 Commento

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Una risposta a “Bambino speciale a chi?

  1. Lorenzo Querzola

    Stupendo.
    E vogliamo parlare dei corsi universitari di “Pedagogia speciale”? “Pedagogia dell’handicap”, ad esempio, faceva così schifo, così paura? “Speciale”… cosa? Da disabile, la trovo una definizione pietistica e offensiva.

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