Ha la barba bianca e gli occhi pieni.
Di tempo, di scorci, di passioni.
Li strizza per leggere un messaggio, arriccia il naso poi alza un sopracciglio.
Apre lo zaino, con la pacatezza di chi ha ammaestrato il tempo. Prende una borraccia e beve alcuni sorsi.
La pelle del viso è piena di impronte, se le seguissi potrei perdermi nei mille rivoli di una vita.
Le mani grandi e le dita nodose di chi afferra e stringe con forza il timone, di chi si è rialzato tante volte.
Mani che sanno fare e che forti sanno aiutare.
A tratti pare smarrito, disteso tra i suoi pensieri.
Mi chiede dove siamo arrivati, come se a un tratto avesse perso il controllo del numero delle stazioni passate.
Che poi, forse, è l’essenza del suo andare.
Tenere fissa la meta ma perdere il controllo durante il viaggio, perché l’imprevedibile si scopra e lo sorprenda.
Indossa una felpa scura e un pile grigio.
Dalla tasca dei pantaloni di velluto esce il lembo di una busta bianca. Mi piacerebbe aprirla e leggervi un ricordo, un amore o forse un addio.