“Non dite mai che non ce la farete.” Così concludo spesso i miei incontri a scuola. “Non permette mai a nessuno di convincervi che non siete in grado, che non è possibile, che non valete abbastanza. Non permettetelo nemmeno a voi stessi.”
In uno degli ultimi incontri con una classe di quinta, quando ho detto questa frase, una voce si è alzata tra le altre: Evvvvaaaaiiii
Era quella di un ragazzino che, durante la chiacchierata, avevo visto attento e a cui avevo dato un cinque quando avevo raccontato Il mondo di Arturo, uno degli ultimi libri in cui racconto di come si sente un bambino dislessico. Avevo dato un cinque a lui e agli altri bambini “dis” qualcosa. Perché lo so come ci si sente quando hai una difficoltà, quando imparare è più difficile, quando non sei proprio come gli altri, quando le cose ti appaiono più difficili e spesso pensi: non ce la farò mai.
Il cinque simboleggia la mia comprensione. Per lo stesso motivo racconto delle mie difficoltà a scuola, dei testi che mi venivano sempre troppo corti, della lettura faticosa e a tratti incomprensibile, dell’autostima sotto i piedi perché mi sembrava di essere continuamente inadeguato, dell’idea di non essere capace e quindi di non lottare, dando per scontato che tanto andrà sempre nello stesso modo.
E sempre per lo stesso motivo poi racconto anche dei miei sogni, delle conquiste, del successo ottenuto con lavoro, con desiderio e con coraggio e con l’aiuto di tanti che mi hanno dato fiducia.
Una delle domande che i bambini e i ragazzi mi fanno più spesso è: Ti piace scrivere? Una domanda, in verità, che per loro è quasi una constatazione… se sei uno scrittore ti piacerà di certo anche scrivere. Io però rispondo No! e loro si stupiscono, rimangono confusi, cioè?
Rispondo di no perché purtroppo per loro, ma non solo per loro, ciò che è piacevole è anche facile. Cioè se una cosa ti piace significa che ti viene senza troppo impegno o sacrificio (che paura il sacrificio!).
Così non è invece. Per quanto mi riguarda, ma non riguarda solo me, c’è un piacere che è strettamente legato alla fatica, all’impegno e anche proprio al sacrificio. Così è la scrittura. A volte succede che un testo ti esca all’improvviso, come uno starnuto. Il più delle volte, invece, scrivere è come salire a una vetta. Richiede costanza, pause per riprendere fiato, attimi in cui ti senti scoraggiato e la meta ti sembra irraggiungibile, slanci e bellissimi scorci e subito dopo paura per un tratto pericoloso. È un piacere denso quello della scrittura – così come quello di tutte le cose che valgono la pena – che poi ti rimane addosso per lungo tempo, che ti sostiene e che ti riempie.
Per questo non possiamo permettere a nessuno di dirci che non ce la faremo mai, che la fatica non serve perchè non valiamo abbastanza: lasciamoli perdere questi maestri del pessimismo, non servono a nulla. Ascoltiamo, invece, chi ci sprona a fare del nostro meglio, chi ci mostra i nostri punti deboli, non per sminuirci ma perché solo se ne saremo consapevole potremo riconoscerli, accettarli, affrontarli e superarli.
Date ascolto a chi vi guarda per quello che potete essere, perchè quello sguardo è un attestato di fiducia, ti dice: Io mi fido di te e sono sicuro che insieme ce la faremo.