Ricordate le Lezioni Americane di Italo Calvino?
Non sapete nemmeno di cosa si tratta?
Bene, vi rinfresco comunque la memoria. Calvino scrisse, in vista di alcune lezioni presso l’Università di Harvard, cinque riflessioni sui valori e le qualità che la letteratura del nuovo millennio avrebbe dovuto conservare. Sarebbero dovute essere sei, ma l’ultima non ebbe tempo di scriverla.
Ricardo Pigia, scrittore argentino, durante una conferenza nel 2000 a Cuba, Tre proposte per il nuovo millennio e cinque difficoltà, si propone di scrivere proprio questa sesta lezione. Non sarà la Consistenza, così come aveva progettato Calvino, ma il dislocamento “distanza, cambio di posto che significa uscire dal centro, lasciare che la lingua parli anche dai bordi, dalle periferie, da ciò che si sente, da ciò che viene dall’altro”.
Racconto questo perché leggendo e conoscendo il pensiero di Piglia ho capito alcune cose su di me, sulla mia scrittura, sul senso e l’opportunità che mi trovo tra le mani.
“Come potremmo considerare questo problema dal punto di vista dell’America Ispanica, dell’Argentina, di Buenos Aires, di un sobborgo del mondo. Come vedremo il problema del futuro della letteratura e della sua funzione. Non come lo vede qualcuno in un paese centrale con una grande tradizione culturale. Proponiamo quindi questo problema a partire dai margini, dalle periferie delle tradizioni centrali. E questo sguardo diagonale ci dà una percezione, forse, diversa, specifica.”
C’è un vantaggio nel non stare nel centro, un possibile diverso punto di vista.
Il dislocamento offre uno sguardo distorto che mette in luce il nascosto, l’invedibile, forse lo scontato. Non solo!
Uscire dal centro e camminare lungo il margine, la frontiera, la soglia è anche una scelta etica, una posizione fisica e intellettuale.
Questo mi spiega, in buona parte, il mio scrivere in brasiliano.
È innegabile, il Brasile come tutta l’America del Sud, non è il centro. Come luogo, come cultura, come economia, come lingua.
Scrivere in portoghese brasiliano, non la mia lingua madre, mi obbliga continuamente a vedere i concetti – tematici, sociali, culturali, storici – in modo differente. Un dislocamento anche del pensiero attraverso cui leggere la realtà in modo alternativo.
Nel mio prossimo libro (di cui vi parlerò a breve) scritto direttamente in portoghese, ho camminato a lungo lungo il margine. Non è stato facile, è stato uno sforzo a tratti faticoso ma importante.
Uscire dall’idea di essere al centro del mondo, il centro del mondo per guardarci con altri occhi, per mettere in luce le nostre ombre e avere la possibilità, se lo vorremmo, di capire qualcosa di più sulla complessità della realtà che ci circonda. Dalla frontiera impareremo a porci più domande che risposte, a sentire col cuore di chi ci sta vicino e che, anche se batte alla stessa velocità del nostro, sente altri odori, respiri, sogni, impareremo che le parole non hanno lo stesso significato per tutti, che la contrapposizione non è la soluzione e che noi e l’altro, in fondo, siamo lo stesso.
In questo scenario, ha un valore ancora maggiore l’opportunità di partecipare nuovamente alla Primavera Letteraria Brasiliana, organizzata da un uomo pieno di folle speranza, il professor Leonardo Tonus, che si svolgerà in Europa a fine marzo.
Con oltre 50 romanzieri, poeti, illustratori e saggisti brasiliani e portoghesi (tra cui persone che ammiro moltissimo) parteciperò alla quinta edizione del Printemps Littéraire Brésilien che prevede dibattiti, letture, saggi letterari, workshop di scrittura creativa e presentazioni di libri organizzate in librerie, centri culturali, spazi istituzionali o rivolti all’insegnamento universitario e secondario.
La programmazione è già online sul nostro sito:https://www.printempslitterairebresilien.com/