Scrivere difficile per capire facile

Meloni e Salvini si infuriano: Elsa di Forze non può diventare lesbica, lasciate stare i nostri bambini.

A parte che non avere più argomenti per sostenere il proprio progetto politico ti porta a raschiare il fondo del barile, c’è un’altro aspetto interessante in affermazioni come questa.

Una specie di iper semplificazione del linguaggio, della comunicazione, della realtà.
Elsa non deve diventare lesbica, non perchè le lesbiche non esistono, ma perché se non lo diciamo esplicitamente, se non le diamo un ruolo esistono un po’ meno.

Soprattutto a chi lavora con i bambini viene chiesto di rendere più semplici i concetti, sia come forma che come contenuto. Che tu sia un insegnante, un educatore, un autore non solo dovresti dire le cose in modo facile, usando parole (o immagini) semplici ma dovresti anche semplificare i concetti, ridurli a un accenno, magari nasconderli dietro una forma povera, perfino negarli.

(Si può parlare della morte? E della guerra? Ma va bene parlare di diversità? E di sessualità? Di quelle due mamme? E di Dio? Ma Mafia si può dire? E il presepe dobbiamo toglierlo?)

Ecco, io penso che ci sia una grande contraddizione intorno alla parola semplificazione.
La semplificazione non dovrebbe aver nulla a che fare con l’impoverimento del contenuto.
Semplificare un testo significa adattarlo alla capacità di comprensione dell’interlocutore in modo che chi ascolta non abbia ostacoli oggettivi che lo limitino nella relazione col testo.
Semplificare un testo ha la stessa funzione di mettere un ascensore dove ci sono le scale per fare in modo che una carrozzina possa salire fino all’ultimo piano di un grattacielo senza difficoltà.
Non significa trasformare il grattacielo in un monolocale a piano terra.

La lettura, a mio avviso, deve produrre un disagio, un movimento.
Non conoscere una parola (usata dall’autore non per il puro gusto di stupire ma perché frutto di una ricchezza lessicale o del desiderio di trovare il termine giusto per quel concetto) o dover rileggere più di una volta un passaggio, non è un limite o un disvalore per un testo.
È una difficoltà, questo sì.
Ma è ciò che serve per evolvere, per non rimanere completamente fermi.
È una sfida, un viaggio in cui chi scrive conduce, un cambiamento.

Per questo scrivere difficile non è il contrario di semplificare.
Scrivere difficile significa credere nel lettore, avere fiducia.
Significa essere consapevoli del nostro interlocutore senza nulla togliere alla complessità di un ragionamento o al peso specifico di un argomento.

Significa costruire un ponte per attraversare un lungo burrone: non ti passeranno le vertigini ma saprai come superarlo.

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