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farsi prossimi

Tentativo di mettermi nei panni di Gino Strada.

Tento inutilmente di definire confini, proteggermi, per direzionare meglio le forze e gli interventi, ma le uniche frontiere che riconosco sono quelle umane, corpi come misteriosi involucri di carne e spirito che non hanno bisogno di check-point o permessi di soggiorno per essere attraversati.

“Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra. Per quanto possa sembrare solo un gioco di parole, la differenza, per me, la fanno le migliaia di persone che ho incontrato in questi anni.

Non metto in dubbio che la pace sia un obiettivo primario per il futuro dell’umanità, però, troppo spesso, per realizzarla qualcuno pensa che sia necessarie una ‘missioni di pace’.

Io no.

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io voglio vivere nel futuro

Oggi sono stato in alcune classi nel comune di Crevalcore, in provincia di Bologna.

In un container, perché zona terremotata.

Insegnanti come eroi che affrontano il loro lavoro con estrema perseveranza.

In situazioni difficili, non terribili, ma certo non ottimali, che farebbero desistere più di un qualsiasi politico.

Ciò che mi ha colpito di più, però, è stata la composizione delle classi.

Bambini di mille paesi, con nomi difficili da ricordare e facili da storpiare, di ogni colore, sapore, odore. Nell’immediato ho pensato alla fatica di insegnare a un gruppo così eterogeneo.

Poi però mi sono detto che quei bambini (e quegli insegnanti) vivono nel futuro.

In un domani che sarà così per tutti e che per loro è già.

Un domani che si apprende da oggi, in cui le lingue si mischiano, le tradizioni si uniscono, la diversità arricchisce l’esperienza e la felicità.

In quelle classi c’è la speranza che nel futuro non si parlerà più di inclusione come percorso da realizzare ma come realtà quotidiana.

Come sempre la scuola, soprattutto quella pubblica, costruisce il futuro di un paese, le fondamenta della casa Italia che è di tutti, la prospettiva di felicità che è il primo desiderio e dovrebbe essere anche il primo obiettivo di una società. Ciò si può realizzare solo, però, se assicuriamo risorse, economiche e umane. Solo in questo modo sarà garantito che il vivere nel futuro non sia la reincarnazione del solito passato. E il futuro in cui io voglio vivere è fatto di mille paesi, nomi difficili da ricordare e facili da storpiare, mille colori, sapori e odori. Un paese felice.

 

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niente da aggiungere

Non so cosa voglia dire stare in carcere, cosa si provi a venire rinchiusi in un CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione). Dopo l’ennesimo tentativo di fuga, che segue tentati e riusciti sucidi, casi di violenza più o meno accertati, ho provato a immaginarlo, a mettermi nei panni di un qualsiasi ragazzo. Perchè solo con quei panni addosso possiamo tentare di comprendere e solo dopo aver compreso possiamo tentare di cambiare l’ingiusto.

“La prefettura non ha niente da aggiungere.

L’ho sentito dalla guardia che mi sorveglia, l’hanno mandata appena l’ambulanza ci ha portati qui.

‘Niente da aggiungere, sono cose che succedono, abbiamo fatto il possibile per evitare che entri la droga ma, poi…’

Poi chissà dove pensano che possa andare.

Sono in coma, anche questo l’ho sentito.

Pensano che non senta, che non capisca, che non percepisca.

Lo hanno sempre pensato, da quando sono arrivato lì, in quel posto.

Il CIE, Centro di Identificazione ed Espulsione. Una prigione, chiamata con un altro nome.

Pensano che tu non capisca, che tu non possa leggere le espressioni del viso e i giudizi che emettono e questo provoca una cosa drammatica. Succede che non ti senti più un essere umano, ti convinci che sei un gradino sotto il resto dell’umanità e non sai più a chi appartieni!

Senti che ciò che sei, ciò che ti caratterizza in modo specifico: la tua lingua, il colore della tua pelle, la tua cultura d’origine, diventano qualcosa di illegittimo, di sbagliato.

Un criminale solo per il fatto di essere diverso.

Sotto la doccia provo a lavarmi meglio ma rimane costante una sensazione di sporco. Copio le espressioni del loro viso, le loro parole, che escono sempre storpiate, provo ad adeguarmi… ma l’unica cosa che aumenta è la frustrazione.

Per questo ho accettato, alla prima occasione: per tentare di andare via, lontano, almeno con la mente. Ma non ha funzionato, ci siamo fermati subito e ora siamo qui, in questi letti.

Almeno non dobbiamo preoccuparci di come far passare il tempo. Là, ore e ore senza far nulla.

Poi come si fa ad aspettare quando non hai nulla da aspettare?

Non esiste attesa senza desiderio, senza speranza.

L’ho lasciata alle onde la speranza, ne avevo molta, forse troppa. O forse non era speranza, forse era disperazione. La compagna di ogni notte, il cuscino su cui dormo.

A parte questo, niente da aggiungere.”

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la differenza, non solo di chiamarsi Roberto

A solo una settimana da Natale, la Rai è riuscita a farci un regalo inaspettato. Roberto Benigni che legge e commenta la Costituzione Italiana. Come un appassionato maestro, camminando tra i banchi della scuola televisiva, ci ha scaldato il cuore, ravvivato la memoria o, addirittura, fatto scoprire un senso che non sapevamo nemmeno esistesse. Che la nostra costituzione sia la più bella del mondo o meno, non posso dirlo, certo sono abbastanza convinto, per esperienza, che sia una di quelle meno conosciute e per questo, corre il grande rischio di non essere amata e rispettata.

Mentre Benigni impartiva tale lezione, in tv c’era un altro Roberto che si prestava a raccontare una storia. Per lo spot di MySkyHD, Robin Williams è un compagno di giochi immaginario che permette al bambino che lo riceve di vivere avventure fantastiche e divertenti, di fare quelle cose che un bambino da solo non potrebbe fare, di accoccolarsi per ascoltare storie. Finché si scopre che il ‘compagno di giochi’ in verità è una specie di decoder che dovrebbe far vivere le stesse emozioni e le stesse avventure del compagno in carne ed ossa. Pur amando il cinema e la magia del racconto per immagini, musiche etc etc, trovo il messaggio realmente assurdo. Come si possono paragonare i due livelli di comunicazione?

Un Roberto viene in aiuto all’altro: è come se, invece di ascoltare e vedere Benigni, il suo sudore, gli occhi spalancati, le mani volteggianti, i saltelli e le corse, avessimo aperto una pagina internet e letto i primi dodici capitoli della Costituzione a casa nostra, da soli. Siamo d’accorto che non sarebbe stata la stessa cosa? Nulla può sostituire il calore di un corpo o la velocità di un’espressione facciale, l’odore o il suono di un gesto, l’adattamento continuo che si realizza nella relazione interpersonale.

Comprate pure il MySkyHD ai vostri bambini ma non cadete voi per primi nel tranello di poter sostituire la vostra presenza o quella degli amici con quella di un pezzo di plastica, per quanto tecnologico.

 

benigni-tv

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