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Scrivere per tutti

Di fronte a una difficoltà possiamo attivare due atteggiamenti.

Lamentarci e richiedere che qualcuno ci risolva il problema.

Lamentarci e attivarsi per risolvere il problema richeidendo anche il coinvolgimento di chi di dovere.

(Sì, esatto, non sono contro il lamento in sé, può avere una funzione anche liberatoria!)

Questo è ciò che dico spesso ai e alle insegnanti che mi capita di incontrare e che sempre di più si trovano di fronte a situazioni complicate, alla gestione di gruppi con differenti abilità, con varie modalità di apprendimento, gruppi complessi.

(Ecco una domanda, solo per promuovere una riflessione comune: i gruppi sono complessi perché i bambini sono sempre più in difficoltà di fronte alle richieste della didattica o i gruppi sono complessi perché rispondono a una didattica inadeguata alle novità che portano i bambini oggi?)

Comunque.

Se è vero che di fronte alla difficoltà è certamente necessario e doveroso lottare per ottenere tutti gli strumenti necessari per realizzare un buon lavoro (risorse, strumenti, professionalità) è anche vero che c’è una parte di responsabilità professionale che è di ogni singolo insegnante e c’è uno spazio di azione che è attivabile nell’immediato che è proprio quello dell’insegnamento quotidiano.

Fermarsi, darsi un tempo per capire, osservare e poi proporre.

Il primo strumento compensativo per un bambino è proprio l’insegnante che nel suo agire quotidiano può mettere in atto adattamenti, strumenti, proposte che possano facilitare il percorso di apprendimento.

Facilitare, attenzione, non significa evitare l’impegno e la fatica necessaria alla crescita. Facilitare significa mettere tutti nelle condizioni di apprendere esprimendo il proprio potenziale.

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Ecco, per questo nasce il corso “Scrivere per tutti” che realizzerò a Sarmede dal 19.01.2019 al 20.01.2019 all’interno delle attività del Centro Documentazione Handicap di Bologna.

Un corso che si pone l’obiettivo di offrire strumenti concreti – teorici e pratici – perché ognuno possa rendere più accessibile un testo, una comunicazione, un percorso di apprendimento.

In sintesi, di fronte a una difficoltà, lamentatevi pure, lagnatevi, sbraitate poi però siate quegli agenti di cambiamento che i vostri studenti si meritano.

 

Il corso è aperto a tutti coloro che hanno il desiderio di apprendere e costruire una riflessione comune sul tema dell’accessibilità alla conoscenza. Potete iscrivervi sul sito della Fondazione Zavrel. Vi aspetto!

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Il fardello dell’uomo bianco

Nel 1899 Rudyard Kipling pubblica la poesia Il fardello dell’uomo bianco.
La poesia diventata un manifesto in difesa delle azioni di conquista dei popoli europei che, caricandosi il fardello del loro essere bianchi e occidentali, partivano spinti dalla necessità di adempiere alla loro missione: colonizzare gli altri popoli della terra.
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Noi bianchi, in quanto bianchi, superiori, gli altri inferiori.
Per quanti anni siamo stati educati secondo questa logica?
 
Quando parliamo di razzismo dovremmo prestare attenzione proprio a questa idea, al fardello che, più o meno coscientemente, sentiamo di portare sulle spalle.
Un fardello fasullo, una convinzione che dobbiamo abbandonare altrimenti sarà difficile modificare le nostre azioni.
 
Io lo sento questo fardello.
Quando vedo una persona con la pelle di un altro colore, dentro sento una voce che mi dice che il mio essere bianco è un motivo valido per sentirmi migliore, dalla parte giusta del mondo, più adeguato alla vita.
 
Eppure l’unica cosa che dovrei sentire è il privilegio dell’uomo bianco. La grande occasione che ho avuto di nascere con la pelle del colore più fortunato, in un paese che è posizionato in quella parte di mondo semplicemente più fortunata.
 
Un privilegio, un vantaggio… e io che uso ne voglio fare?
Uso il mio privilegio per chiamare scimmie le persone nere.
Oppure uso il mio privilegio per costruire incontri, scambi, relazioni cioè inclusione?
 

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Bambino speciale a chi?

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Illustrazione – Rebecca Dautremer

Tra le tante espressioni che si utilizzano per definire i bambini considerati diversi, quella che ho più difficoltà a sopportare è: bambino speciale!

Mi aspetto sempre che in risposta a: “Ma che bambino speciale che sei!”, il bambino dica: “Bambino speciale a chi?”.

Perché?

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io voglio vivere nel futuro

Oggi sono stato in alcune classi nel comune di Crevalcore, in provincia di Bologna.

In un container, perché zona terremotata.

Insegnanti come eroi che affrontano il loro lavoro con estrema perseveranza.

In situazioni difficili, non terribili, ma certo non ottimali, che farebbero desistere più di un qualsiasi politico.

Ciò che mi ha colpito di più, però, è stata la composizione delle classi.

Bambini di mille paesi, con nomi difficili da ricordare e facili da storpiare, di ogni colore, sapore, odore. Nell’immediato ho pensato alla fatica di insegnare a un gruppo così eterogeneo.

Poi però mi sono detto che quei bambini (e quegli insegnanti) vivono nel futuro.

In un domani che sarà così per tutti e che per loro è già.

Un domani che si apprende da oggi, in cui le lingue si mischiano, le tradizioni si uniscono, la diversità arricchisce l’esperienza e la felicità.

In quelle classi c’è la speranza che nel futuro non si parlerà più di inclusione come percorso da realizzare ma come realtà quotidiana.

Come sempre la scuola, soprattutto quella pubblica, costruisce il futuro di un paese, le fondamenta della casa Italia che è di tutti, la prospettiva di felicità che è il primo desiderio e dovrebbe essere anche il primo obiettivo di una società. Ciò si può realizzare solo, però, se assicuriamo risorse, economiche e umane. Solo in questo modo sarà garantito che il vivere nel futuro non sia la reincarnazione del solito passato. E il futuro in cui io voglio vivere è fatto di mille paesi, nomi difficili da ricordare e facili da storpiare, mille colori, sapori e odori. Un paese felice.

 

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fatti non pugnette (citazione post filosofica)

Qualche giorno fa commentavo il caso di razzismo nato durante la partita Milan-Pro Patria.

Troppo spesso le parole rimangono solo parole e ai buoni propositi seguono altri buoni propositi e basta. Non per tutti, però. La Coop. Accaparlante e l’Associazione Bandiera Gialla, da un po’ di tempo portano avanti il progetto Wilcalcio, una serie di azioni volte a recuperare la bellezza, la magia e l’universalità del gioco del calcio. L’ultimo appello proposto riguarda proprio il tema del razzismo, lo riporto sotto con un invito a sottoscriverlo, per sostenere un calcio che attraverso il ricordo possa contribuire a costruire una società maggiormente inclusiva.

APPELLO da W IL CALCIO

INTERBOLOGNA, 15/01/2013, IN RICORDO DI ARPAD WEISZ

Una partita di calcio, Inter-Bologna, e un nome, quello di Arpad Weisz, per dire no al razzismo e alla xenofobia. E’ l’invito rivolto dal progetto “W il Calcio” ai presidenti di Inter e Bologna in occasione della gara di Coppa Italia che si giocherà martedì 15 al “Meazza” per ricordare Arpad Weisz, allenatore di origine ebrea che portò entrambe le squadre allo scudetto prima di essere deportato e ucciso insieme alla sua famiglia, durante la seconda guerra mondiale.

L’iniziativa ha già raccolto il benestare del Bologna (si attende anche quello dell’Inter), di Giuliano Pisapia, sindaco di Milano e Virginio Merola, sindaco di Bologna. Con loro anche il magistrato Francesco Maisto, l’assessore allo sport Rizzo Nervo, i giornalisti Gabriele Pasini, Marco Tarozzi, Nicola Zanarini, Mauro Sarti, gli scrittori Carlo D’Amicis e Paolo Alberti, l’allenatore Renzo Ulivieri.

Ma le adesioni non sono ancora sufficenti. Per aderire all’appello basta visitare la pagina facebook di “W il Calcio” e condividere l’appello in evidenza specificando il proprio indirizzo e-mail. Coloro che non usano Facebook, possono partecipare inviando una e-mail a fausto.viviani@fastwebnet.it.

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Sul Resto del carlino

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