Non so cosa voglia dire stare in carcere, cosa si provi a venire rinchiusi in un CIE (Centro di Identificazione ed Espulsione). Dopo l’ennesimo tentativo di fuga, che segue tentati e riusciti sucidi, casi di violenza più o meno accertati, ho provato a immaginarlo, a mettermi nei panni di un qualsiasi ragazzo. Perchè solo con quei panni addosso possiamo tentare di comprendere e solo dopo aver compreso possiamo tentare di cambiare l’ingiusto.
“La prefettura non ha niente da aggiungere.
L’ho sentito dalla guardia che mi sorveglia, l’hanno mandata appena l’ambulanza ci ha portati qui.
‘Niente da aggiungere, sono cose che succedono, abbiamo fatto il possibile per evitare che entri la droga ma, poi…’
Poi chissà dove pensano che possa andare.
Sono in coma, anche questo l’ho sentito.
Pensano che non senta, che non capisca, che non percepisca.
Lo hanno sempre pensato, da quando sono arrivato lì, in quel posto.
Il CIE, Centro di Identificazione ed Espulsione. Una prigione, chiamata con un altro nome.
Pensano che tu non capisca, che tu non possa leggere le espressioni del viso e i giudizi che emettono e questo provoca una cosa drammatica. Succede che non ti senti più un essere umano, ti convinci che sei un gradino sotto il resto dell’umanità e non sai più a chi appartieni!
Senti che ciò che sei, ciò che ti caratterizza in modo specifico: la tua lingua, il colore della tua pelle, la tua cultura d’origine, diventano qualcosa di illegittimo, di sbagliato.
Un criminale solo per il fatto di essere diverso.
Sotto la doccia provo a lavarmi meglio ma rimane costante una sensazione di sporco. Copio le espressioni del loro viso, le loro parole, che escono sempre storpiate, provo ad adeguarmi… ma l’unica cosa che aumenta è la frustrazione.
Per questo ho accettato, alla prima occasione: per tentare di andare via, lontano, almeno con la mente. Ma non ha funzionato, ci siamo fermati subito e ora siamo qui, in questi letti.
Almeno non dobbiamo preoccuparci di come far passare il tempo. Là, ore e ore senza far nulla.
Poi come si fa ad aspettare quando non hai nulla da aspettare?
Non esiste attesa senza desiderio, senza speranza.
L’ho lasciata alle onde la speranza, ne avevo molta, forse troppa. O forse non era speranza, forse era disperazione. La compagna di ogni notte, il cuscino su cui dormo.
A parte questo, niente da aggiungere.”