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Scrivere non è impossibile, è solo difficile come…

… come andare in bicicletta, nuotare, salire sugli alberi, fischiare, fare le capriole, far volare un aquilone, come sognare!

Scrivere, a scuola, è diventata una delle cose più difficili.

Per alcuni una vera e propria tragedia. Dopo un paio di righe, due idee scarne trasformate in parole e un immenso foglio bianco davanti a sé, il contenitore della fantasia e dell’immaginazione si svuota.

“Dai, prova ad aggiungere qualcos’altro!”

“Ma non mi viene in mente nulla, non so cosa scrivere.”

“E’ impossibile, sforzati un po’, dai!”

Che fatica, che disagio, che sconfitta.

Eppure, ci sarà una soluzione per non costringere milioni di bambini a una sconfitta annunciata?

Io credo di sì. Ecco allora alcuni libri e alcune idee per far sì che una cosa impossibile, diventi semplicemente una cosa difficile, ma accessibile a tutti.

Iniziamo con due letture utili a chi insegna, a chi educa, a chi consiglia.

Storia delle mie storie – Miti, forme, idee della letteratura per ragazzi

Bianca Pitzorno – Il Saggiatore, Milano 2006

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A partire da un libro – Imparare a leggere e imparare ad amare i libri nella scuola primaria

Roberta Passoni – Edizioni junior  Biblioteca di lavoro dell’insegnante Movimento di cooperazione educativa

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Ora qualche idea pratica, con un preambolo.

Quando si parla di ‘esercizi di scrittura’ non è possibile farlo senza riferirsi a Gianni Rodari che, con la sua “Grammatica della fantasia”, ha modificato radicalmente l’approccio alla scrittura e all’insegnamento della stessa.

L’errore creativo, le fiabe a rovescio, l’insalata di favole, le storie sbagliate, solo per citarne alcune, sono proposte semplice e pratiche di scrittura… creativa, come si direbbe oggi, un trabocchetto per ridurre le proposte di Rodari a un gioco, qualcosa di poco importante e non utile. Frutto di un’idea di scrittura ancora troppo spesso accettata: scrivere è qualcosa di serio, silenzio, stai seduto, zitto, concentrati per un tempo indefinito, non distrarti…

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Beh, per uno come me che ha scoperto la scrittura tardissimo, proprio perché davanti a un foglio bianco non riuscivo a mettere in ordine le idee, a costruire un pensiero che fosse più lungo di due righe, a trovare idee fantasiose, avere avuto a disposizione strumenti creativi come quelli di Rodari mi avrebbe cambiato la vita, evitato delusioni, sofferenze, paure inutili.

Perché se è vero che le esperienze che fai nella vita ti aiutano a crescere, non è vero che tutto tutto tutto ciò che hai vissuto è indispensabile, certe cosa si potrebbero benissimo evitare.

Io oggi scrivo, ho avuto la fortuna di scoprirne il piacere, nonostante la difficoltà, di trovare la mia scrittura e di poterla esprimere. Ho avuto la capacità, supportata  dalle parole di sostegno di persone di valore incontrate nel mio percorso, di riscrivere il mio pssato e liberarmi di alcuni fastasmi molto negativi: il fantasma della critica, quello della delusione, quello della paura di sbagliare. Fantasmi che hanno minato, per troppo tempo, la mia autostima.

A partire dalla mia esperienza e da alcuni libri, ecco qualche spunto di riflessione e qualche idea pratica per chi si trova a insegnare, educare o consigliare.

Italo Calvino e la trilogia araldica

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Contemporaneo di Rodari, scrive tre romanzi per ragazzi: Il visconte dimezzato, Il barone rampante e Il cavaliere inesistente.

Tre storie fantastiche e realistiche allo stesso tempo, in quanto allegoriche: un visconte che torna dalla guerra dimezzato, un ragazzo che decide di vivere sugli alberi e un cavaliere che non esiste.

Cosa succede quando la realtà, come la conosciamo, ci mostra un elemento inaspettato? Se incontrassimo uno scienziato smemorato o un dottore con le gambe al posto delle braccia? E se mia mamma decidesse di vivere come un gatto o la maestra mangiasse solo carote? E a me quale strana cosa potrebbe succedere o quale scelta strampalata potrei fare?

I silent book e le storie personalizzate

Prendete un libro senza parole, quante storie racconta?

Una, quella dell’autore.

Sicuri. Forse due, quella di chi lo ha scritto e quella dell’illustratore.

Uhm! Un libro senza parole racconta tante storie, quanti sono i suoi lettori che leggendolo lo raccontano.

Tre proposte:

Un giorno un cane di Gabrielle Vincent (Gallucci)

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L’onda di Suzy Lee (Corraini)

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Vazio di Catarina Sobral (Pato Logico)

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Sonno gigante, sonno piccino (Topipittori), la storia con le foto della mia storia

Giusi Guarenghi scrive una ninna nanna. Giulia Sagramola la riceve e deve illustrarla. Cerca delle foto da modificare, di solito le compra nei mercatini. Questa volta, però, usa quelle della sua famiglia, una ninna nanna per sé, per noi, per tutti.

Perché non farlo anche noi, magari al contrario? Prendere le nostre foto, non per forza quelle venute bene e scrivere una storia?

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Un’ultima osservazione

Tra i tanti ingredienti che fanno di un bambino un bambino a cui la scrittura non fa paura, ce ne sono due indispensabili.

Il rispetto dei tempi, dei modi, della libertà. Perché scrivere è un grande atto di libertà, secondo tempi molto personali e secondo un modo che deve essere il più comodo possibile. Per questo il giudizio che deve essere dato non può negare queste caratteristiche ma accettarle e rispettarle.

Io scrivo facendo pause ogni 10 minuti, ascoltando musica, alzandomi spesso. Per queste caratteristiche, spesso a scuola sono stato giudicato e mai valorizzato.

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Poi la fiducia. Se penso che quello che scrivo è brutto, sempre troppo poco, insufficiente, banale. Se io penso di non valere, che mi manca sempre qualcosa, che non sono capace. Se io penso che l’adulto non ha fiducia in me, allora sono condannato, non solo al fallimento, ma anche all’infelicità.

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piantare nuove parole

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Il linguaggio non è neutro, le parole formano, creano, costruiscono, educano.

 

Ieri ho visto quella tipa.

Dai, la figlia di, quella bella figa, la moglie di…

Ma dai è la madre di e la zia di…

Prima era la donna di poi è stata la compagna di e alla fine lui l’ha sposata perché lei ci era rimasta.

Ma dai quella bella, la sorella di e nipote del… che prima era una suora e poi la dava via a tutti.

La qualcosa di…

 

Ecco, forse potremmo cominciare anche da qui.

Dal chiamare una donna per nome e non a seconda della relazione che ha con qualcun altro, della sua subalternità, dell’essere la qualcosa di qualcuno o, ancora più semplicemente, una parte del corpo

Il femminicidio è il frutto, non il seme.

Per questo se vogliamo raccogliere frutti nuovi e differenti dobbiamo cominciare a piantare parole nuove.

Nuovi modi di costruire un pensiero a considerare l’altro non come proprietà o proiezione o sottogruppo.

A considerare l’altro come tale, in se stesso, donna o uomo, essere umano.

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ci piace giocare al parco, quello pubblico

A seguito dell’ipotesi del Comune di Bologna di privatizzare i parchi pubblici, affidando il servizio ad aziende private che farebbero pagare un biglietto di qualche euro, ecco il pensiero di un ideale bambino.

Caro sindaco Virginio,

caro assessore Patrizia.

Mi piace molto giocare: correre, saltare, sull’altalena, nel castello, sulla giostra.

Da solo ma soprattutto con gli altri bambini.

I miei amici ma anche quelli che incontro per caso quando vado al parco con il nonno.

Giorgio, il mio nonno, mi dice sempre che al parco pubblico si gioca con tutti, senza urlare troppo e, soprattutto, si usano le cose per bene. Io ci provo anche se a volte con Luca saliamo sullo scivolo al contrario oppure scaviamo delle buche nella sabbia oppure saliamo con i piedi sull’altalena.

Il nonno allora mi chiama (anche se a volte basta uno sguardo) per ricordarmi come ci si deve comportare.

Oggi ho sentito il nonno che parlava con la nonna di Michele.

Non ho capito bene perché stavamo correndo ma dicevano cose del tipo: il comune non ha i soldi… per aggiustare i danni fatti dai vandali… ma questo è un parco pubblico… due euro per entrare, da pagare…

Non ho ben capito, poi ho detto a Michele che mio nonno mi dice sempre che il parco è un bel regalo che viene fatto a tutti i bambini della città. E Michele mi ha detto che una volta ha chiesto alla sua nonna perché il parchetto non si paga come quando vai a Mirabilandia e lei gli ha risposto che il parchetto lo paghi trattandolo bene.

È vero che non tutti lo trattano bene, non solo trai bambini ma anche tra gli adulti che non dicono nulla quando vedono delle cose sbagliate.

Quando ho chiesto qualche spiegazione al nonno lui mi ha insegnato una parola, ogni tanto me ne insegna una nuova.

Cultura, mi ha detto, è ciò che ci rende cittadini e che ci permette di vivere bene, tutti insieme, rispettando (rispetto me l’aveva già insegnata) le cose che sono di tutti, che sono mie ma anche degli altri.

Allora caro Virginio e cara Patrizia io vi chiedo per favore di non vendere la cultura a due euro. A noi bambini non serve un biglietto di ingresso per capire che le cose si devono trattare bene, ci serve qualcuno che ci educhi e ci insegni ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, anche al parco.

Perché ci piace giocare al parco, quello pubblico.

Perché non organizziamo un bel laboratorio durante il quale i bambini lavorano per rimettere a posto i giochi? Dipingere, decorare, pulire… Insieme a dei signori capaci… per esempio mio nonno è un ingegnere.

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